CollezioneFotografiaMondoPaesaggio

Nella città degli Angeli ci sono stata una vita fa. La città in questione è, ovviamente, Los Angeles.

Me la ricordo molto bene, a partire dall’atterraggio al LAX, l’aereo sembrava non dovesse smettere di virare per posizionarsi in linea con la pista tanto la città è immensa. Lo scienziato sociale Mike Davis la chiama la città di quarzo. Negli anni in cui scrive Città di quarzo – la prima pubblicazione è del 1990, in Italia arriverà per merito di Manifestolibri nel 1993 – Los Angeles è una megalopoli simbolo «dell’utopia e della distopia del capitalismo avanzato», è una «città fortezza», una città dove la sicurezza è al centro delle politiche metropolitane che alimentano l’angoscia sociale e la paura nei confronti della città stessa.

Negli anni Novanta, da quelle parti, si iniziava a criminalizzare i senzatetto, vietare qualsiasi forma di stazionamento in uno spazio pubblico – mi ricordo molto bene, noi che ci spostavamo a piedi, come ci guardavano gli agenti della sicurezza privata in quartieri come Beverly Hills – promettere una terra per ricchi che però relegava la vita di chi non lo era sulle barricate. Tutto ciò altro non ha fatto che alimentare notevolmente l’isolamento, ben nutrito dalla paura dell’altro, del diverso. Nelle parole di Mike Davis c’è già tutto quello che recentemente abbiamo vissuto anche noi: la paura dell’ignoto, dell’altro, del diverso da noi, la predazione incontrollata del territorio, un capitalismo estrattivo e vorace. In un contesto di questo tipo non possono che proliferare in modo incontrollato gli slums, le bidonvilles e le favelas, dove i servizi sociali non esistono, le case sono di spazzatura e i giardini cumuli di rifiuti annegati in un mare di escrementi. In Città di quarzo Davis racconta, tra le altre cose, proprio quando nascono gli slums anticipando un rapporto del 2003 redatto da un centinaio di ricercatori che altro non è che, detto con parole dello stesso Davis, «il primo monitoraggio veramente globale sulla povertà urbana». Politiche neoliberiste imposte da Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, privatizzazioni, taglia alla spesa sociale e al welfare hanno accelerato il collasso delle economie rurali e creato le condizioni per l’esodo di massa in città senza infrastrutture. E questo vale per molte megalopoli del pianeta.

Il cinema l’ha descritta fin troppo bene questa città, le millemila storie ambientate nella città degli Angeli hanno contribuito a creare una costante atmosfera da film, da serie TV (chi non ha mai visto almeno un episodio di Starsky & Hutch o The Closer o Charlie’s Angels, NCIS: Los Angeles, oppure Californication?). 

Los Angeles rappresenta, ancora oggi, l’incarnazione del sogno americano, la California è la terra dove «non fa mai freddo e c’è un lavoro per tutti», una terra di promesse, un luogo che ha modellato l’immaginazione di tutti noi. Sicuramente la mia. E su questo tanto ha saputo raccontare la letteratura: parole magiche e ammalianti le hanno scritte Jack Kerouac, James Ellroy, Bret Easton Ellis, Francis Scott Fitzgerald e Charles Bukowski, tanto per citarne qualcuno.

E l’arte? A Los Angeles ha sempre prodotto delle riflessioni complesse, sfruttando linguaggi e un immaginario influenzati dal contesto umano, sociale e urbano. È certo quanto i paesaggi e le architetture di Los Angeles abbiano avuto un’importanza notevole sulla produzione artistica di Edward Joseph Ruscha, in arte Ed RuschaThe Streets of Los Angeles è uno dei suoi progetti più noti, iniziato nel 1966: a bordo di un pick-up dove sul retro installa una fotocamera motorizzata percorre la Strip, una parte del Sunset Boulevard, e scatta come un matto. Il risultato è Every Building on the Sunset Strip, un leporello di più di 7 metri.

Ed Ruscha, Every Building on the Sunset Strip, 1966

Negli anni tornerà più volte sia sulla Strip che per le strade di Los Angeles, documentando così l’evoluzione della città e realizzando, dal 1966 al 2010, centinaia di migliaia di scatti. Nel 2011 l’archivio viene acquisito dal Getty Research Institute; a partire dal 2015 tutti i materiali vengono digitalizzati; nel 2013 esce anche un cortometraggio commissionato dal Getty Museum a Matthew Miller.

 

Ed Ruscha, Sunset Boulevard, 1985 – Roll 29: Hyatt Hotel headed east: Image 0048

Ed Ruscha, 12 Sunset

Ora l’archivio digitalizzato potete trovarlo a questo indirizzo: Ed Ruscha’s Streets of Los Angeles; per l’apertura della retrospettiva ED RUSCHA / NOW THEN, inaugurata al MoMA di New York, è stato prodotto dal Getty Research Institute in collaborazione con il MoMA, un ulteriore cortometraggio documentario, Ed Ruscha – Streets of Los Angeles, sempre di Miller.

Lustratevi pure gli occhi in attesa di salire su un aereo e sprofondare, scomparire, nell’immensità annichilente della città degli Angeli.

––––––––––

Il titolo dell’immagine in evidenza è Photographs of Sunset and Hollywood Boulevard, 1965–2010, photo by Ed Ruscha. Negative frame from 35 mm film reel. Getty Research Institute, 2012.M.1. © Ed Ruscha