Oltre al mio lavoro, fare i disegnetti e progettare segni, mi occupo di formazione e di insegnamento da oramai un bel po’ di anni. Ne ho visti e conosciuti di studenti, di molti ricordo nome e cognome, il viso, la risata. Tanti li frequento ancora adesso, son diventati colleghi professionali, altri ancora condividono la mia stessa aula, affiancando il loro lavoro al mio. Dopo tanti anni e molte esperienze, tanti esami e molti studenti, ansie e adrenalina son sempre le stesse, le loro e le mie. E allora la domanda delle domande arriva come uno sberlone: perché insegno? E, soprattutto, cosa significa insegnare? La risposta, per la sottoscritta, è sempre la stessa: insegnare, per me, significa soprattutto, avere occhi aperti, ascoltare ed essere curiosi. Il resto e i risultati arrivano.
E comunque, non è per niente facile stare in aula, dall’altro lato del banco. Ti tocca dirgliele ogni tanto, magari con tatto, e essere un po’ Miranda Priestly.
I professori che mi hanno affettuosamente sgridato sono quelli che ricordo anche meglio: solo a distanza di tempo ho capito che quel rifai non era perché erano bonariamente malvagi ma perché sapevano che la qualità e i risultati si ottengono solo facendo, smontando, rifacendo, sbagliando e facendo ancora: la teoria al servizio della pratica e la pratica un esercizio costante, quotidiano, faticoso.
Ogni Guerriero Dragone deve avere per forza il suo Maestro Shifu.
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