ArteCitazioniMarcel Duchamp

«C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore. Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio.»

Andrej Tarkovskij

e ancora:

«I musei dovrebbero essere invisibili. A me piacciono opere d’arte e istituzioni che si sottraggono a ogni presenza fisica. Cose che puoi portarti in testa oppure in tasca. Non è una questione di pigrizia o di frustrazione: forse è una forma di ascetismo. Con un museo immaginario puoi fare quello che vuoi, puoi pensarci prima di addormentarti, o puoi uscire di casa la mattina e costruirtelo da zero. E se non funziona, non c’è nulla di cui vergognarsi. Puoi sempre dire che era solo un esercizio a perdere. In fondo penso che vi sia una certa forza nell’essere invisibili.»

Maurizio Cattelan

––––––––––

Che cos’è il Delirious Museum?

[…] Luogo inafferrabile per eccellenza, il Delirious Museum reinterpreta o ridefinisce il modello museale tradizionale attraverso un détournement (*) che prende corpo nel rifiuto di una narrazione lineare in favore di una forma disarticolata, composta – come l’arte stessa – da un montaggio anacronistico di tracce e frammenti.

[…] È, al tempo stesso qualcosa di costruito e di non costruito. È intrinseco a taluni edifici e musei, ad alcune opere d’arte e a certi spazi cittadini non pianificati. È nebuloso e sfuggente. È un’idea parassitaria che si è insinuata nel tessuto delle città, nelle pratiche e nei frammenti urbani, ovvero nello spazio. Ma lo si individua anche nelle narrazioni, nel tempo e fuori dal tempo – in frammenti immaginari, aneddoti storici e dettagli quasi dimenticati.

[…] L’Internazionale situazionista fu un movimento che si sviluppò negli anni cinquanta a partire da vari gruppi scissionisti di stampo surrealista. Se la relazione tra museo e Surrealismo è solo tangenziale, quella con i situazionisti è di tipo antagonistico. Tuttavia, il modo in cui questi ultimi affrontano e interpretano la città presenta più di un parallelo con la concezione del Delirious Museum. Il teatro principale dell’azione situazionista era la strada, di cui il museo delirante è un’estensione. Alcune delle strategie ideate dai situazionisti per scardinare il significato della città sono utilizzabili anche per smontare e reinventare il linguaggio della collezione e dell’esposizione.

[…] Negli anni cinquanta i situazionisti, mentre costruivano il loro arsenale con cui combattere la società dello spettacolo, definirono numerose tecniche da utilizzare in base al loro concetto di vita urbana. La nozione situazionista di dérive, deriva, è parte di una tradizione modernista relativa a un coinvolgimento quasi casuale con la città. Non rimanda solo ai vagabondaggi di Breton per Parigi alla disperata ricerca di Nadja, ma ricorda anche l’uomo della folla baudelariano; qualcosa che si innesca dal caso e da un certo grado di caos.

[…] Il primo numero dell’Internazionale situazionista definiva la dérive un tipo di comportamento sperimentale legato alle condizioni della società urbana; una tecnica di passaggio transitorio attraverso vari ambienti. Essa consente al cittadino (o al visitatore) di creare un nuovo tipo di mappa della città (o del museo). I situazionisti definirono psicogeografìa questa mappatura nella quale il visto, il conosciuto e il vissuto si intrecciano.

[…] Il Delirious Museum non è un’alternativa ai musei reali: è il museo reale reinterpretato, détourné e intensificato attraverso la sua interazione con la città. La città situazionista era un labirinto in cui perdersi e giocare, un luogo in cui lo stravolgimento dei significati e la sovversione del prevedibile non anelavano che a essere scoperti, e così è anche per il Delirious Museum. 

Fonte: Calum Storrie, Delirious museum. Un viaggio dal Louvre a Las Vegas, Johan&Levi Editore, 2017

––––––––––

L’idea del frequentatore di musei come flàueur è stata indagata da Pierre Missac nella sua dettagliata analisi dei Passages di Parigi di Walter Benjamin. Missac estende l’idea del passage alle architetture di vetro e all’atrio. Definendo in questo contesto il flàueur come un “amante dell’arte”, scrive: [Costui] si accontenterà di una visita molto breve di qualche sala, di una rapida flàueurie, per vedere e giudicare una nuova acquisizione o un restauro. Molto presto si ritroverà in un atrio, caratterizzato non soltanto dalla superficie sempre più vasta ma da strutture che non hanno nulla a che vedere con le opere esposte.

Secondo Missac, ciò estende al museo la nozione benjaminiana dei passage come casa dei sogni della collettività. Non solo il museo, ma anche gli oggetti che ospita, le loro relazioni reciproche e quelle che instaurano con ciò che li circonda, risultano inestricabilmente legati a quest’idea.

«Metodo di questo lavoro: montaggio letterario. Non ho nulla da dire. Solo da mostrare. Non sottrarrò nulla di prezioso e non mi approprierò di alcuna espressione ingegnosa. Stracci e rifiuti, invece, ma non per farne l’inventario, bensì per rendere loro giustizia nell’unico modo possibile: usandoli.»

Walter Benjamin

––––––––––

Dunque, il Delirious Museum è uno spazio al tempo stesso attuale e potenziale, un luogo nascosto nel visibile, dove esistono sempre la possibilità di disorientarsi e la probabilità di perdersi. 

––––––––––

(*) Secondo Guy Debord il détournement è il riutilizzo di elementi artistici preesistenti in un nuovo insieme. Sempre secondo Guy Debord: «Le due leggi fondamentali del détournement sono la perdita d’importanza – che può arrivare sino alla dispersione del suo senso originale – di ogni elemento autonomo détourné, e al tempo stesso l’organizzazione di un altro insieme significante che conferisce a ogni elemento la sua nuova Portata.»

L’immagine in apertura è una Boîte-en-valise di Marcel Duchamp – De ou par Marcel Duchamp ou Rrose Sélavy (la Boîte-en-valise). Série G. Paris: 1968-1971. Per gentile concessione di Christie’s