Nei suoi celebri Passages Walter Benjamin si interroga su come l’uomo nel XIX secolo possa risolvere il suo bisogno di uno spazio interno, il più arcaico dei bisogni, necessario per immunizzare e proteggere l’esistenza attraverso la costruzione di isole protettive.
La risposta, sempre valida in tutte le epoche, è utilizzare la tecnologia più avanzata a disposizione.
All’epoca di Benjamin l’uomo optò per il vetro, il ferro battuto e la ghisa in modo da costruire uno spazio interno che fosse il più grande e spettacolare possibile. In questo senso, il Crystal Palace di Joseph Paxton (*), costruito a Londra nel 1851 per ospitare la prima Esposizione Universale, e installato a Hyde Park, per poi essere smontato e ricostruito in un’altra zona della città, ovvero Sydenham Hill, nel 1852, poi distrutto da un incendio nel 1936, è l’edificio paradigmatico, il primo iper-interno.
La Seconda rivoluzione industriale ha permesso la sperimentazione di nuovi materiali in tutti i campi e i contesti. In quello dell’edilizia uno dei primi esperimenti con il ferro e il vetro, in modo da ricavare uno spazio interno che fosse il più grande possibile, è stato, appunto, il Crystal Palace. L’Esposizione aveva una durata limitata e il Bando prevedeva la salvaguardia della flora esistente, da qui decisione di Paxton di non abbattere gli arbusti ma, al contrario, di inglobarne alcuni in questa grande struttura innovativa per l’epoca perché facilmente smontabile e riposizionabile, costruita con pezzi modulari. Oltre al ferro e il vetro venne utilizzata anche la ghisa, una lega ferro-carbonio di solidificazione eutettica, con tenore in carbonio tra 1,9 e 6,5%: un composto nuovo, resistente ed elastico.
Il progetto di Paxton era basato su un modulo 10in x 49in (circa 1,22 metri), la dimensione della più grande lastra di vetro disponibile all’epoca, prodotta dalle Vetrerie Rail. Il sistema modulare costruttivo consisteva di triangoli rettangoli, specchiati e moltiplicati, sostenuti da una griglia di travi e pilastri in ghisa. Queste unità di base erano estremamente leggere e resistenti e si estendevano fino a una lunghezza di 564 metri. Influenzato dalla passione per la biomimetica, Paxton si è ispirato per il design dell’edificio alle foglie giganti della Victoria Amazonica.
Il progetto a basso costo del Palace fu realizzato in poco più di 5 mesi, tutte le parti erano prefabbricate e facili da montare, e ogni unità modulare era autoportante, consentendo ai circa 5000 lavoratori una certa libertà nell’assemblare i pezzi.
L’impresa degli ingegneri Fox e Henderson offrì 79.700 sterline per costruire l’edificio, prevedendo il recupero del materiale dopo lo smontaggio dell’opera. I lavori, iniziati nel gennaio 1851, furono completati in 17 settimane con cicli lavorativi di 18 ore al giorno. Per gestire la nuova struttura Paxton e Fox fondarono la Crystal Palace Company.
L’esperienza del Crystal Palace ed il successo delle sue realizzazioni furono dovuti all’uso di un sistema costruttivo con strutture reticolari, alla prefabbricazione che consentì il montaggio e successivo smontaggio degli elementi e ad un project management ben gestito.
––––––––––
I requisiti del Bando di Concorso:
– una massima superficie con una minima spesa,
– un insieme indiviso di spazi espositivi,
– la salvaguardia degli alberi esistenti.
Alcuni numeri del Palace
Fusi in ghisa:
– 3300 colonne alte dai 5 ai 7 metri
– 34 miglia di condutture di scarico
– 2224 travi
– 1128 pilastri
Furono 80 gli operai che in una settimana collocarono 18.332 lastre di vetro sul tetto delle navate longitudinali e 13 quelli che morirono per il crollo di un’impalcatura.
––––––––––
(*) Il Crystal Palace, luogo della prima Esposizione Universale nel 1851 a Londra ed edificio fra i più rilevanti della storia dell’architettura, sia per la scala monumentale che per le innovazioni tecniche, è stato disegnato non d aut architetto ma da un botanico e costruttore di serre: Joseph Paxton.
Fu il principe Alberto, consorte della Regina Vittoria, nel giugno del 1849, che propose di organizzare, a Londra, un’Esposizione Mondiale, aperta a venditori provenienti da tutto il mondo, volta a pubblicizzare i prodotti industriali locali, con la precisa ottica di mostrare a livello globale l’egemonia tecnologico-commerciale raggiunta dal paese.
Paxton costruì un’elegante struttura mista in vetro e ghisa, in poco più di quattro mesi, con un tetto arricchito di travi che fungevano anche da canali, per deviare le acque piovane: una soluzione efficace che, insieme all’inclinazione dei tetti composti da ampi pannelli in vetro, consentiva alla luce di disegnare in maniera avvolgente gli interni.