«La spazzatura è ovunque. La si può trovare dappertutto, senza alcuna eccezione, eppure è largamente invisibile alla maggior parte di noi.» John Scanlan
Secondo l’argomentata tesi sulla spazzatura e il rifiuto di John Scanlan, dal titolo, appunto, Spazzatura, siamo quello che scartiamo. La spazzatura è il nostro doppio, quello che ritroviamo nella psicanalisi, il perturbante insito nel progresso. Ma è, naturalmente, anche il doppio materiale che la società industriale nel fare pulizia, nel creare efficienza, produce su scala planetaria, accumulando rifiuti.
Tutto il pensiero razionale, occidentale, e la sua conseguente organizzazione della vita materiale – con l’arte, la letteratura, il cinema, la musica, la cultura in generale – fioriscono all’ombra dell’immondizia, e questa cresce ancora rigogliosa proprio in virtù di queste nostre modalità di pensiero. Una, la nostra vita materiale, quotidiana, alimenta l’altra, la nostra spazzatura, il costante volume di rifiuti che produciamo per sostenerci (*). La ragione ha iniziato a riciclare prima che l’industria si ponesse il problema di come riciclare gli avanzi della società dei consumi. Progresso e spazzatura sono lo yin e lo yang, prima di tutto, dell’Occidente. La parola progresso, ai nostri giorni, ci fa pensare subito a un’altra parola, tecnologia che a sua volta ci riporta a informatizzazione, computer, reti, fake news.
La nostra era moderna è stata definita l’era delle macchine. È stata la rivoluzione industriale a rivedere pesantemente il rapporto dell’uomo con il lavoro e la tecnica: la macchina, sempre più, è diventata intermediario efficace fra l’uomo e la sua produzione, prima di allora artefice assoluto della propria attività e di ogni sua realizzazione. Ma le macchine che usiamo, i computer su tutte, quanta spazzatura producono? C’è un termine adeguato per definire questa particolare spazzatura?
Il termine GIGO è l’acronimo di Garbage In, Garbage Out e nasce dalla consapevolezza che la tecnologia informatica è limitata nei suoi processi dall’avere origine dall’uomo e, poiché i computer funzionano utilizzando una logica rigorosa, l’input non valido può produrre output irriconoscibile o immondizia. Indica, senza dubbio, anche la più generale convinzione che ciò che produciamo – anche ciò che sappiamo e persino crediamo del mondo – non può effettivamente essere separato dalle parti che messe insieme creano un qualche oggetto (sia un oggetto di conoscenza sia una cosa materiale). Nelle parole degli analisti informatici questo significa semplicemente che le informazioni veramente ambigue, vaghe e confuse rimangono tali, a meno che non vengano ulteriormente regolate.
Dunque, GIGO è un assioma il cui significato è che se si elabora spazzatura all’interno di un sistema non possiamo che, in uscita, ottenere spazzatura. Sebbene in origine fosse applicato solo ai software del computer, l’assioma vale per qualsiasi tipo di sistema, incluso, ad esempio, il sistema decisionale. Dunque, in base a questa definizione, non si può dare la colpa allo strumento per come lo si usa.
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(*) Personalmente confido molto in quella che, Anna Tsing, chiama livability, la possibilità di stare al mondo, di vivere il mondo in modo diverso e soprattutto in una maniera che necessariamente non dipenda dal progresso come è stato inteso fino ad ora. Questo argomento però merita un approfondimento e un post ad hoc.