«Nessuno si rende conto che invece quello che va difeso è proprio questo anonimo, questo passato anonimo, questo passato senza nome.»
Pier Paolo Pasolini
È così che inizia l’interessante tesi di laurea di Erika Volpicelli, Mali culturali, una riflessione sullo spazio pubblico e sui segni urbani che si concretizza fin da subito in una serie di pubblicazioni che raccontano la valorizzazione di un certo patrimonio culturale, quello meno raccontato, spesso anzi, denigrato. Un dialogo con la città e per la città dove figure diverse vengono coinvolte nella lettura dello spazio urbano, quello che viviamo, calpestiamo, col quale spesso corrispondiamo.
Francesco Bonami sul Riformista ricorda agli italiani che la loro famosa cultura non è un dato acquisito e definisce così i mali culturali: «Beni Culturali e Mali Culturali. I beni sappiamo bene cosa sono: chiese, musei, monumenti, siti archeologici eccetera. I mali invece li conosciamo meno. Per questo non sappiamo tanto come curarli. Crediamo che tagli al budget possano servire a eliminare realtà culturali superflue o malate lasciando intatto lo zoccolo duro, intoccabile, del patrimonio Italiano. Ma è proprio questo equivoco il male culturale italiano, che non ha neanche un ministero minore che possa farsene carico. Un male che non considera la cultura un valore strutturale di una società olistica, ovvero completa, ma solo un plusvalore riducibile a seconda delle circostanze. La cultura non è considerata la struttura della casa, ma la tappezzeria, che se invecchia non è poi così grave.»
Il primo numero, Esperimento nr. 1, scaricabile dal sito in formato PDF per cellulari e computer lenti, DINAMICO per computer performanti, come afferma la stessa autrice, indaga la possibilità di un dialogo tra gli “agenti del degrado” e gli “agenti del ripristino” e invita a lasciare un commento una volta finita la lettura dell’Esperimento.
Il secondo Esperimento è Origami, Tutte le superfici hanno una profondità: «Specie in una città d’arte come Venezia tra il “sapere” ufficiale solidamente inquadrato nella categoria dei Beni Culturali e quel ribollire di graffi murari figli della contemporaneità, esiste un’ampia ed inesplorata area di segni dal forte contenuto narrativo, destinati per la loro natura allo smarrimento, alla diluizione, quando non alla materiale rimozione. Sono quelli che ho iniziato a chiamare i Mali Culturali. La caratteristica principale di questi frammenti narrativi è che si accumulano negli intonaci della città, che non ambiscono alla perpetuità, e ciononostante -in alcuni casi- risultano capaci di gettare una luce sulla natura della nostra epoca. Questo progetto vuole essere uno stimolo per compiere una riflessione sulla natura della città d’arte nel nostro tempo.»
Mali Culturali ora è, a tutti gli effetti, diventato grande ed è diventato un progetto fotografico ed editoriale vero e proprio, di ascolto del respiro della città, di osservazione dei suoi margini, di negazione dell’arte come salvacondotto al narcisismo. Ed è anche una serie di itinerari sconsigliati nella città di Venezia. Li potete seguire direttamente dall’account Instagram di Erika Volpicelli e ovviamente dal sito Mali culturali.
Mali Culturali è la tesi di Erika Volpicelli – Relatore il professor Riccardo Caldura – per il Corso di Diploma di Secondo Livello in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo, Indirizzo in Decorazione, titolari di cattedra Gaetano Mainenti e Giulia Buono, e discussa nel corso dell’Anno Accademico 2019-2020