Un lavoro corale durato diversi mesi e la consapevolezza che per raggiungere un risultato sia necessaria collaborazione, pazienza e dialogo costante e partecipato.
Ecco quello che è per me, soprattutto, la mostra Prometeo Possibili, una mostra fatta di multicreatività, ossia quella capacità creativa che incrocia e attraversa vari piani e mezzi espressivi, il prodotto, appunto, di un «lavoro corale» in cui tutti, e non un singolo studente o un singolo gruppo di lavoro, possono e devono prendersi il merito.
Prometeo Possibili è stata pensata, progettata e allestita al Magazzino del Sale 3 di Venezia dagli studenti dell’Atelier di Decorazione B dell’Accademia di Belle Arti e dai miei colleghi, Gaetano Mainenti e Giulia Buono – e con la collaborazione degli studenti del Corso di Nuove Tecnologie dell’Arte per la realizzazione dei supporti grafici informativi – in occasione del riallestimento dell’opera Prometeo Tragedia dell’ascolto di Luigi Nono.
La storia di quest’opera inizia nel 1984: è la Biennale di Venezia che commissiona a Luigi Nono il Prometeo, un’opera dove l’ascolto incontra e rivoluziona lo spazio stesso. Nono si avvale, per la messa in scena, di artisti come Emilio Vedova per gli interventi di luce, filosofi come Massimo Cacciari per i testi, progettisti come Renzo Piano per lo spazio musicale e, naturalmente, musicisti.
La prima esecuzione della prima versione, evento straordinario sia per le musiche che per l’allestimento ardito, si tiene a Venezia, nella Chiesa di San Lorenzo, il 25, 26, 28, 29 settembre del 1984.
Per questo, nel quarantesimo anniversario del debutto e nel centesimo della nascita di Luigi Nono, il Prometeo è stato riallestito e portato in scena dal 26 al 29 gennaio 2024. Il luogo è lo stesso anche se adesso si chiama Ocean Space e ospita spesso eventi e mostre di arte contemporanea.
È in questa occasione che l’Accademia di Belle Arti di Venezia, in collaborazione con la Fondazione Archivio Luigi Nono e l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee – La Biennale di Venezia, ha messo in scena un percorso documentale e multimediale fatto non solo dai materiali di Nono e da documenti d’archivio ma, soprattutto, composto da una serie di interventi ed installazioni originali realizzate dagli studenti.
La mostra è articolata in sette sezioni. La prima racconta i documenti e la progettazione relativa al nuovo allestimento: 30 tavole che l’ASAC ha fornito per l’occasione. La seconda sezione è dedicata alla prima esecuzione del Prometeo, quella del 1984. È presente un video originale insieme a una serie di disegni della struttura progettata da Piano, a forma di Arca. Chiude questa sezione un’interessante installazione in realtà aumentata che mostra il modellino in scala della struttura. La terza sezione è composta da cinque isole che raccontano i materiali relativi all’indagine sullo spazio, sui testi, sul colore e sulla struttura stessa dell’opera. Nella quarta sezione è l’acqua che racconta l’idea del Prometeo: specchi, luci e testo riflettono la scrittura di Luigi Nono che, in queste due installazioni in dialogo, una di fronte all’altra, viene frammentata nella sua proiezione da una frequenza sonora. La quinta sezione ospita una tela che riproduce la cartolina che, a sua volta, riproduce il dipinto La lavanda dei piedi di Jacopo Tintoretto, cartolina sulla quale Nono ha disegnato una serie di contrasti prospettici che annotano i punti di vista alla base della costruzione delle isole del Prometeo. Nella penultima sezione, la sesta, sono presenti due monitor: uno proietta i paesaggi che Nono vedeva e fotografava, tra il 1976 e il 1984, durante la progettazione del Prometeo, dalle finestre dei suoi studi di Venezia e Friburgo. L’altro monitor è collegato a una webcam che mostra l’esterno dei Magazzini del Sale, il Canale della Giudecca: una finestra in tempo reale. La mostra si chiude con un’ultima sezione, la settima, un allestimento multimediale immersivo di videoproiezioni e suoni dove la scrittura di Luigi Nono è narrata dalle voci corali degli studenti.
Ho scritto tutto ciò perché molti di questi studenti sono anche i miei studenti, alcuni li ho visti crescere negli anni, altri sto imparando a conoscerli proprio ora. Tutti sanno quanto sia importante non solo il progetto artistico ma soprattutto il processo, che è quella parte di lavoro che ha, sì, a che fare coi materiali ma, soprattutto, è esperienza, tempo, fatica, dove la relazione accompagna le competenze, gli errori, l’apprendimento stesso. Ogni volta che assito a un evento di questo tipo o all’inaugurazione di una loro mostra non posso non ricordare quanto importante sia il ruolo di noi docenti, sia nella loro futura formazione professionale ma anche in quello che io chiamo l’orizzonte degli eventi, quel luogo incognito dove succedono cose inaspettate, trasversale alla teoria in aula, dove si formano idee e coscienza, dove si produce pensiero. Un posto complesso, intricato, un po’ come una sottile e fragile ragnatela, dove il nostro compito quotidiano è quello di tessere, e curare, i fili di una trama fatta di una serie di ancoraggi intrecciati tra loro: gli studenti stessi, la società, le relazioni e i conflitti, l’istituzione, i discorsi d’aula e la motivazione, i processi e gli obiettivi. E i fallimenti. Un compito piuttosto delicato, e paziente, a volte faticoso ma anche assolutamente affascinante.
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La mostra Prometeo Possibili potete visitarla fino al 16 marzo 2024 al Magazzino del Sale 3, alle Zattere.