ArteLibriTecnologiaJacob_Origini_tecnologiche_paesaggio

«L’etimologia del paesaggio rinvia, attraverso il sostantivo “paese”, al latino pango. Il suo significato – io pianto, fisso, stabilisco – evoca il fatto di conficcare e fissare un palo (palus) nel terreno. Questo atto significativo ha diverse implicazioni: nel conficcare un pezzo di legno nel terreno viene compiuto un atto primordiale, si crea un centro, un punto assoluto, che corrisponde alla posizione che il soggetto occupa al momento dell’azione. Lo strumento-palo prolunga lo strumento-mano, mentre si emancipa da quest’ultimo per diventare – una volta piantato – la traccia e il marchio simbolico dell’“autore”·. Una volta che la terra è segnata dalla presenza di questo segno verticale il caos indifferenziato si trasforma in un luogo definito e riconoscibile, che si inscrive, a sua volta, in un ordine (kosmos) o paese (il pagos greco, la regione o il quartiere). Dal momento che si tratta di un palo (palus, stake, stick, PfahI), questo marchio non si limita a un punto. Si tratta, in effetti, di una linea verticale che unisce la terra e il cielo e, più precisamente, di una linea invisibile (la parte fissata nel terreno) che si prolunga in superficie in quanto linea visibile.

Una tale occupazione del suolo esige una «biologia della tecnica» (Leroi-Gourhan) sofisticata. Occorre scegliere la posizione precisa, scavare e consolidare il lavoro compiuto. Occorre saper scegliere il legno adeguato, prepararlo alla “missione”. Occorre, inoltre, che questo oggetto – segno, supporto, elemento portante – possa resistere alla prova del tempo, durare. Il gesto apparentemente semplice di fissare un paletto nella terra stabilisce dunque sia una spazialità (quella che si apre a partire da questo qui-stesso) sia una temporalità (quella di un oggetto votato alla durata). A questo stadio, il paletto sarà, inoltre, necessariamente “antropomorfo”: nel fissarsi al suolo esprime I’azione del suo inserimento, la verticalità vittoriosa rivendicata dall’homo erectus.» [p.19-20]

«Più di tutti gli altri generi pittorici, il paesaggio deve la sua forza alla possibilità di staccarsi da ciò che lo circonda. Dato che rappresenta un “pezzo di natura”, occorre evidenziare la sua unità particolare e autosufficiente. Nella sua insularità, il paesaggio compie un distacco materializzato e segnalato dalla cornice della composizione. Non è un caso il fatto che la pittura murale, per quello che sappiamo, abbia privilegiato, in particolare all’epoca del quarto stile pompeiano, il paesaggio (in assenza di un termine latino corrispondente). Prima ancora che vi si trasponessero immagini di scene a tema epico o idillico-sacro, le grandi pareti delle ville romane erano strutturate secondo una topologia decorativa, resa possibile da ciò che si potrebbe chiamare oggi un “design d’interni”. La geometrizzazione dei muri ha creato, in questo modo, un sistema di “quadrangoli” di ogni tipo, dotati di margini, cornici e divisioni particolarmente ricchi.» [p.43]

––––––––––

Michael Jakob, Le origini tecnologiche del paesaggio, LetteraVentidue, 2022