Prima dei cartelloni pubblicitari e dei manifesti che oggi incontriamo sui muri delle nostre città, tra l’800 e la prima metà del ‘900 la reclame, come molte insegne commerciali, si dipingeva direttamente sugli edifici.
Infatti, quando ancora non esisteva il web, prima dell’avvento dell’era digitale e dei social, si raccontava e segnalava un negozio, un’azienda o una fabbrica dipingendo letteralmente il nome della propria attività commerciale direttamente sui muri esterni degli edifici. Ad oggi, consumati, sbiaditi, scoloriti da sole, vento e pioggia e anche dall’incuria umana e dalle ristrutturazioni che le hanno spesso cancellate ma anche coperte con mani di intonaco e vernici, quei segni sono chiamati, con un certo volume di fascino, insegne fantasma. Questi segni, molto pittorici, li troviamo soprattutto negli Stati Uniti, oltre che nelle grandi città d’Europa come Parigi o Londra.
Sam Roberts, a partire da un’insegna fantasma trovata vicino a casa sua, ha iniziato una sua personale ricerca, che ora è raccontata in un sito, Ghostsigns, diventando, negli anni, uno dei maggiori esperti mondiali sull’argomento. È anche curatore della sezione relativa alle insegne fantasma dell’History of Advertising Trust, fondazione che si occupa di preservare e valorizzare il retaggio culturale e artistico del settore pubblicitario britannico, e nel 2014 ha fondato, insieme al pittore di insegne americano Mike Meyer, l’agenzia Better Letters – agenzia britannica che si occupa di ingaggiare e rappresentare pittori di insegne e artisti del lettering per progetti e clienti di tutto il mondo – che, nel corso degli ultimi anni, ha prodotto una serie di bellissimi documentari sul mondo delle lettere dipinte a mano e sui pittori di insegne (1) storici, ora amabili nonnetti che, ai tempi d’oro dei pittori di insegne, con il pennello da pinstriping (2) in mano riuscivano a dipingere cose che noi umani…
Negli Stati Uniti, dove questa tradizione decorativa è nata, i pittori di insegne si chiamano walldogs, artigiani specializzati proprio nella personalizzazione dei muri commerciali con un tocco altamente artistico. Il termine nasce dal fatto che per dipingere questo tipo di insegne spesso lavoravano sospesi ad altezze notevoli, in condizioni atmosferiche disagevoli, col sole cocente ma anche con l’aria fin troppo frizzantina: un vero e proprio lavoro da cani.
La passione, e il grande lavoro di raccolta fotografica, di Sam Roberts sono anche diventati un libro, Ghost Signs, realizzato insieme al designer Roy Reed.
Proprio sulla scia di un mestiere ritrovato recentemente soprattutto da giovani designer e artigiani del pennello, sono nati negli ultimi anni una serie di progetti editoriali che mirano proprio a recuperare storia e tradizione di un lavoro che, informatica e computer, avevano reso anacronistico. La riduzione dei costi, la riproducibilità e anche una certa diseducazione del pubblico al buon gusto grafico ha, infatti, relegato l’arte del pittore di insegne in piccole e sporadiche nicchie con, però, storie molto interessanti da raccontare. Lo hanno fatto Faythe Levine e Sam Macon con un libro e un film dallo stesso titolo: The Sign Painters.
Donovan Bros, 46 Crispin Street, Londra – Foto Philip Marriage (sinistra) e Roy Reed
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(1) I più famosi pittori d’insegne raccontati da Better Letters: Stan Wilkinson, Cliff Headford e Josef Samuel, uno degli ultimi pittori di insegne storiche di Vienna. Better Letters ha raccolto i suoi documentari in questo canale Youtube.
(2) La tecnica del pinstriping consiste nella realizzazione a mano libera di sottili linee di colore, perlopiù a motivi geometrici, chiamate appunto pinstripes, tramite pennelli e vernici speciali ad alto potere coprente ed aggrappante. Le vernici destinate a questa tecnica sono infatti molto particolari: sono grasse, spesse, brillanti, flessibili, coprenti e si asciugano lentamente per permettere all’artista di poter correggere eventuali errori.
Questa tecnica ha una storia: gli egiziani già personalizzavano i carri da guerra, i Romani le bighe da corsa, erano decorate le carrozze ottocentesche, soprattutto quelle di re e principi, come anche le barche e i semplici carri da lavoro. Tutti erano decorati con filettature fatte a mano tramite uno speciale pennello fatto di crine di cavallo legato ad un fiammifero o ad un sottile bastoncino. Prima della guerra, le decorazioni a linea erano applicate a mano libera da operai direttamente nelle catene di fabbricazione dei veicoli; durante la guerra questo tipo di decorazione era usato anche per personalizzare gli aerei. Negli anni cinquanta, in California, nel mondo della vernice Custom, la decorazione delle moto e la cultura dell’Hot Rod diventa un movimento vero e proprio. Von Dutch, Kenny Graeme Howard, è considerato il padre del pinstriping, insieme ad altri pionieri come Ed Big Daddy Roth o Tommy The Greek Hrones.
PS: l’immagine in evidenza di questo articolo si trova a Parigi ed è opera di Wim Dammers